In merito alla mantenimento in favore dei figli, il Tribunale specificava che, seppur non esistesse una età ben precisa oltre la quale l'obbligo di mantenimento cessa, tale orientamento avrebbe dovuto essere contemperato da un lato con il diritto del genitore a non vedersi esposto sine die all'obbligo di mantenimento, dall'altro con l'esigenza di evitare fenomeni di parassitismo ed oziosità, che avrebbero potuto favorire oltremodo il figlio che, abusando di una posizione di comodità, venendo inoltre meno al principio di autosufficienza che deve sempre ispirare le condotte umane. Ne consegue, sempre in linea di principio, che il diritto al mantenimento sussiste fino a quando il figlio non diventi economicamente autosufficiente ovvero, pur essendo stato posto nelle condizioni di raggiungere l'indipendenza economica, non ne abbia approfittato per sua colpa (cfr. Cass. 28/6/94 n. 6215 e Cass. 2/9/96 n. 7990).
A niente rileva il fatto che l'attività di cui la figlia ventiduenne è amministratore unico non produca utili ma solo perdite in quanto, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente, ha in passato iniziato ad espletare un'attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento ad opera del genitore.
Anche il contributo paterno al mantenimento del figlio 25 enne viene revocato in quanto, nel ricordare quanto affermato dalla Suprema Corte, l'obbligo legale di mantenimento del figlio cessa immediatamente con il raggiungimento della maggiore età, che lascerebbe presumere 'l'idoneità al reddito', sicché il diritto al mantenimento ulteriore resta subordinato ad una dichiarazione giudiziale ex art. 337 bis C.C. con conseguente onere a carico del richiedente, 'di provare non solo la mancanza di indipendenza economica (...) ma di avere curato, con ogni possibile impegno la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro.
Revocato il contributo paterno al mantenimento ne va conseguentemente la revoca anche dell'assegnazione della casa coniugale in favore della donna, essendo notorio che un tale provvedimento, limitativo del diritto reale assoluto del proprietario, si giustifica soltanto in presenza di figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti.