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nov 30, 2023

Corte di Cassazione n. 28772/2023 del 17 ottobre 2023

Alla luce di una recente ordinanza della Cassazione, la n. 28772/2023 del 17 ottobre 2023, il conto cointestato a una coppia di coniugi – siano essi in comunione o separazione dei beni – si presume di proprietà di entrambi, per pari quote, ( il 50% a ciascuno ), potendo le parti vincolare l’utilizzo delle somme per determinate finalità, quali ad esempio le spese per la casa, i figli, la spesa quotidiana, ecc. La banca comunque non può impedire a ciascun cointestatario di prelevare oltre la propria quota. Se dovesse accadere, l’altro potrebbe pretendere da lui la reintegrazione della comunione ma non avrebbe invece la possibilità di agire contro l’istituto di credito.

Nel caso in cui il conto, seppur cointestato, sia il frutto dei risparmi provenienti dal reddito di uno solo dei due coniugi, contestare il conto ha una mera funzione di consentire all’altro coniuge di attingere le somme necessarie per le spese comuni, ma in tal caso non c’è alcuna comproprietà e il denaro è solo di chi lo ha depositato in banca spettando a quest’ultimo dimostrare di essere stato il solo ad aver alimentato la provvista bancaria. In tale ipotesi, se l’altro coniuge svuota il conto, l’effettivo proprietario può chiedere la restituzione integrale delle somme. Se il conto è costituito da somme provenienti da entrambi i coniugi, a prescindere dal fatto che l’uno vi abbia depositato più dell’altro, le somme restano in comune. Con la conseguenza che non c’è obbligo di restituzione. La Cassazione inoltre, ha chiarito che le spese effettuate per i bisogni della famiglia, come previsto dall’articolo 143 del Codice Civile, non danno diritto al rimborso anche quando sono sostenute grazie a un conto cointestato, poiché l’articolo 143 del codice civile prevede l’obbligo, per ciascun coniuge, di prendersi cura dell’altro e delle necessità della famiglia in proporzione alle proprie capacità economiche. È la cosiddetta solidarietà coniugale, per cui anche se la moglie  deposita solo qualche somma di denaro, ma effettua prelievi anche importanti, il marito non può richiedere il rimborso dei suoi risparmi. Lo può fare solo se dimostra che il conto era alimentato unicamente da redditi propri e non da quelli della moglie.

In corso di matrimonio, dunque i risparmi sul conto sono di proprietà di chi li ha guadagnati e versati in banca – salvo appunto il caso di conto cointestato – mentre, al momento della separazione della coppia, vanno distinte due ben diverse situazioni:

 

  • se la coppia era sposata in regime di separazione dei beni, ciascun coniuge rimane titolare del proprio conto mentre quello cointestato viene diviso al 50% (a meno che uno dei due riesca a dimostrare di averlo alimentato solo con il proprio reddito e che la cointestazione aveva solo il fine di rendere più agevoli i prelievi);
  • se la coppia era sposata in regime di comunione dei beni, i soldi ancora depositati in banca vanno divisi a metà. E ciò vale sia per i conti cointestati che per quelli individuali, intestati cioè a un singolo coniuge. È la cosiddetta comunione del residuo che impone di spartire tutti i risparmi in denaro non spesi durante il matrimonio, anche se sono il frutto del lavoro di un solo coniuge.




 


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